Il flusso...

Il flusso dei pensieri di una mente è un turbinio di emozioni e di sensazioni.
Io osservo la realtà e la descrivo, così per come è filtrata attraverso i miei occhi, la mia mente, il mio cuore, così per come la vedo io.

domenica 17 marzo 2013

Venti di diritti e democrazia.

Stavolta possiamo urlarlo a squarciagola.
Anche se sarà necessario respirare molta aria per coprire il raggio di separazione dal bel Paese.
Siamo dimenticati, fisicamente distanti ma emotivamente onnipresenti.
Ieri, mi sono davvero emozionata nel seguire le elezioni dei due Presidenti di Camera e Senato.
Con una passione sempre viva, ma rigenerata.
Laura Boldrini è sempre stata il mio modello di donna e di pasionaria dei diritti.
Ricordo di averla incontrata quando presentò il suo libro sulla sua pluriennale esperienza tra gli immigrati, in quelle terre lambite dal verde mare di Lampedusa.
Lampedusa,  terra anche lei di contrasti. Terra lontana, anche se vicina.
Vicina per la miriade di turisti assatanati pronti ad invadere le sue bellezze, ignari di tutto o presunti tali.
Lontana dalla civiltà, per la sua continua dissacrazione, volontaria o non, dei diritti umani.
Specchio magnifico di acque troppo colme di corpi martoriati e abbandonati. Corpi senza nome. Troppi.
Terra di abitanti generosi ma troppo spesso abbandonati.
E lei, il nostro nuovo Presidente della Camera, in tutti questi anni ha lottato per mediare tra due mondi apparentemente lontani anche se poi non così tanto.
Per urlare la disperazione di popoli dimenticati.
Per porre rimedio alla "sofferenza sociale". Per provare a sensibilizzare.
Ieri, la mia distanza fisica dal bel Paese è apparsa come una linea retta piena di sassolini pronti ad indicarci di nuovo la via.
Non per tornare indietro, ma per andare avanti.
A volte, la storia è proprio beffarda.
E così, chi l'altro ieri "sfilava" animosamente davanti ad un Tribunale per osannare la distruzione del potere giudiziario e la sua eliminazione dalla società contemporanea, ieri stesso ha dovuto tollerare "l'invasione" di nuove realtà. Di nuove persone. Di nuove personalità.
Di "nuove" parole. Come giustizia, equità, diritti delle donne, degli immigrati, dei giovani, dei pensionati, degli esodati, dei cittadini e non, di  tutti gli altri.
E memoria. Dei padri costituenti e dei loro principi spesso accantonati, delle vittime di mafia, di terrorismo e di ogni ingiustizia subita. Memoria della disperazione di famiglie ancora condannate a non conoscere la "verità" sulla morte violenta dei loro cari.
Ed è stato costretto a "subire" l'incalzare di un vento nuovo, caldo, piacevole, capace di ritrasmetterci forza e passione.
Poco importa cosa succederà. Oggi mi sento rassicurata.
Tutto quello in cui ho sempre creduto e sperato ha una nuova forma. Quella di una società in grado di cambiare, evolversi, ricordare e imparare dagli errori del passato.
Aveva ragione Adriano Celentano. È sempre dalla fine che si ricomincia.

http://www.repubblica.it/politica/2013/03/16/foto/laura_boldrini_dalla_siria_allo_yemen_con_unhcr-54699899/1/#1


lunedì 4 marzo 2013

Si fa presto a dire DONNA...

Quest'anno non me la sento proprio di aspettare l'otto marzo per proclamare la giornata internazionale della donna e "bacchettare", come al solito,  i "festeggiamenti" inutili, perlopiù limitati alla durata di appena qualche ora.
Ancora oggi, leggo che, dopo tre anni, quello che sembrava il suicidio di una giovane donna, sarebbe oggi ascrivibile alla violenza dell'ex fidanzato.
E ancora, anche se si fa presto a dire "donna" e quote rosa, i nostri diritti sono quotidianamente calpestati.
Noi non chiediamo niente di strano a questi nostri uomini né tantomeno alla società.
Chiediamo solamente rispetto e riconoscimento sociale.
E chiedo qualcosa anche anche a voi, care piccole e grandi donne.
Chiedo anche a voi di avere più rispetto per voi stesse.
E non è casuale.
Il primo passo verso il non rispetto si compie quando tolleriamo troppo e troppe cose.
Quando permettiamo a chiunque di trattarci con sufficienza e senza troppa decenza.
Quando lasciamo che certi maschi o la nostra peggior nemica, la società stessa, ci trattino come beni fungibili, pronti a sostituirci e a buttarci via senza alcuna pietà.
Quando lasciamo che si sottovaluti continuamente la nostra intelligenza.
Quando non avvertiamo che certi atteggiamenti o comportamenti non sono mica normali.
Ma noi non lo capiamo. O tantomeno non lo capiamo per tempo.
Ma quand'è il momento giusto per capirlo? Perché c'è forse un momento per capirlo?
Qualche mese fa ho sentito il gelo scorrere lungo tutto il corpo e intorno al mio cuore quando ho assistito allo spettacolo di Serena Dandini e delle altre "donne ferite a morte".
Ho provato disgusto e impotenza. Anche verso la società.
Perché per quanto fosse straordinario fruire gratuitamente di cotanta lezione di civiltà, intanto, chissà dentro quante mura si continuavano a consumare gesti di solita e quotidiana violenza.
Nel senso che, nonostante lo straordinario successo, non eravamo riusciti a trascinare dentro quel teatro le vere vittime di questo drammatico "spettacolo".
E questo lo percepivo come un fallimento.
E ripensavo ad una giovane ragazza della mia età, incontrata qualche mese fa, che non riusciva a lasciare suo marito, il padre di sua figlia, il padre dei suoi lividi perché temeva la sua forza bruta. Temeva di morire se solo l'avesse lasciato o se solo lui avesse conosciuto questa sua intenzione.
E la dirompente paura delle conseguenze future era più forte dell'inarrestabile potenza della violenza subita, quella che la costringeva a stare zitta e a dormire per terra per punizione.
Non è una realtà tanto lontana dal Pakistan della Laila di "Mille splendidi soli".
Condannata a subire la violenza del marito. Ma Laila ha studiato, nel tempo in cui l'istruzione non era riservata ai soli uomini. Suo padre le ha insegnato che una donna colta è tutto ciò che di più pericoloso c'è.
Laila è astuta.
E si rivela ben pronta a reagire e a ribellarsi pur non avendo a sua disposizione altro mezzo se non quello della rabbia e dell'intelligenza. E alla fine, quella dell'altrui solidarietà di sesso femminile.
E allora, come Laila ci insegna, c'è sempre una via di scampo?
Io voglio pensare di sì.
E voglio  che tutte noi, piccoli e grandi donne, non prendiamo per l'ennesima volta al volo questa giornata per agire superficialmente e senza alcuna riflessione.
Voglio che in questa e in altre giornate si pensi a tutte quelle operaie morte dentro la loro fabbrica newyorkese nel 1911 per il solo fatto di aver scioperato, a tutte quelle donne sacrificate nel loro ruolo che giornalmente sono costrette a rinunciare a un pezzetto della loro dignità perché sono state dimenticate dalla società.
Voglio pensare a tutte le madri e non, lavoratrici e non, che ogni giorno sono pronte a lottare per affermare diritti e solidarietà e che, nonostante tutto, alla fine di ogni giornata sono capaci di regalarci un sorriso, una carezza e brillare di luce propria senza aspettare di essere baciate dal sole o dal chiaro di luna.