Il flusso...

Il flusso dei pensieri di una mente è un turbinio di emozioni e di sensazioni.
Io osservo la realtà e la descrivo, così per come è filtrata attraverso i miei occhi, la mia mente, il mio cuore, così per come la vedo io.

domenica 16 ottobre 2011

Oltre i limiti, ogni limite, sempre più in là

Questo mondo, il nostro, sta precipitando sempre più oltre i limiti.
Non si capisce più cosa accade e come mai e cosa si può fare per evitarlo.
Perchè si può e si deve sempre far qualcosa. 
E così mentre il mondo attorno a me è ancora ferito dalla ferocia impazzita di un pomeriggio romano, in cui il tutto è stato sconvolto da altre cose, io sono finalmente in pace, seduta al tavolino di un bar. 
Ed eccolo là, pronto a schiacciare, inconsapevolmente, il mio "privilegio" con le ali della sua libera schiavitù.
Lo vedo, anzi lo vediamo, solo, con le sue rose e il suo viso, quasi nascosto dietro quel cappellino scuro. 
Non vuole soldi stavolta, certo se arrivano ben vengano! Ma lui è ancora un bambino e ha fame. 
E solo lavora ogni sera fino alle 2.
Si vede che è un bambino, non solo per la sua corporatura minuta, ma perché ben presto gioisce felice di fronte ad un kebab. Ma lui è nello stesso tempo anche un adulto perché stanotte, questa notte, in cui tutti si godranno l'euforia di un sabato qualunque, lui lavorerà. Sia oggi, che domani. E non è finita qua. 
Si vede che è anche adulto, perché ben presto, all'apparire di un amico del padre, si nasconde quasi, spaventato di esser visto. La sua colpa? Mangiare un kebab. 
A dieci anni, anzi nove e mezzo, non dovrebbe accadergli questo. 
Ma tutti se ne fregano, molti lo cacciano; altri, qualche volta offrono una rosa alla gloria di una fidanzata distratta, troppo distratta per poter vedere chi c'è là davanti a lei, a porgli quella rosellina.
Tutti intorno a me si stupiscono di questo bambino presto seduto al nostro tavolo a mangiucchiar.
Strano mondo, quello che non si stupisce se un bambino lavora, ma si disturba se lo vede mangiar ad un tavolo mentre lo fa.
Oltre i limiti, sempre più in là.
Mi dice che va bene a scuola e che ogni sera lavora fino alle 2. "Ma non ti addormenti in classe?" gli chiedo.
E lui, mi dice che gli piace andare a scuola ma lui "lavorare, deve lavorare".
Ha solo nove anni ed un'infanzia già spezzata.
Ma che importa a questi qua?
E così, ogni tanto lo guardo, gli parlo, altre volte alzo gli occhi per evitargli l'imbarazzo dello sguardo fisso su di lui e penso alla miseria di un mondo triste ad arido che finge di non vedere altro che le futilità, che evita di sbattere la faccia contro la miseria delle persone, che non punisce chi condanna un povero bambino che è costretto ogni sera a lavorare. 
Poco importa quale sia il flusso dei miei pensieri, lui ben presto si alza e se ne va. 
E resto là, impotente, a chiedermi se un giorno tutto questo cambierà e se non ci abitueremo a recidere le ali a questo nido di piccoli indifesi. Oltre i limiti, ogni limite, sempre più là.